CENTRI SERBI. - Introduzione. - I limiti geografici dell'arte medievale serba subirono frequenti mutamenti, poiché, nella loro storia burrascosa, i Serbi furono spesso costretti a spostare il centro di gravita delle loro forze politiche. Dalla costa sud-orientale dell'Adriatico il nucleo dello stato medievale serbo si spinse, attraverso le regioni centrali della Rascia, verso la Macedonia; e più tardi, sotto la minaccia dei Turchi, si ritirò a settentrione, dove con la caduta di Smederevo, sulle rive del Danubio, perdette la sua indipendenza. Ma l'arte serba, anche se perseguitata e quasi nascosta nelle inaccessibili zone montuose dei Balcani e nelle lontane regioni periferiche della devastata Ungheria, si mantenne viva nei monasteri fino al termine del secolo XVII. Ecco perché ai tempi del Rinascimento e del barocco vigono ancora tra i Serbi forme medievali d'arte. Soltanto a partire dalla metà del XVIII secolo, sotto l'influsso vigoroso esercitato dall' illuminismo, l'arte serba incomincia a svilupparsi nell'ambito della cultura europea occidentale.
La storia dell'arte serba antica si divide in tre periodi. Il primo, dal X alla fine del XII secolo, gravita verso la civiltà mediterranea dell'Occidente, e ne sono propagatori principali i benedettini. Il secondo e più importante, dal secolo XIII al 1459, è nettamente orientato verso il mondo bizantino. Il terzo, dal 1459 alla fine del XVII secolo, che corrisponde alla schiavitù turca, vive come ramo particolare dell'arte postbizantina.
La scuola di Dioclea Le prime manifestazioni artistiche sorgono sulle coste dell'Adriatico, nel primo stato medievale serbo, quello di Dioclea. Architettura e scultura in pietra non sono qui molto diverse da quelle della vicina Croazia. Le piccole chiese, dalla pianta complessa e dalla volta di pietra, raramente si sono conservate nella forma primitiva; ma ancora peggiori sono le condizioni degli edifici di tipo basilicale, per i rifacimenti subiti nel XIII-XIV secolo. Miseri i resti della Basilica benedettina dei SS. Sergio e Bacco nella Bojana, adibita nei secoli XI e XII a mausoleo dei principi di Dioclea; meglio conservata la Chiesa del Monastero benedettino di S. Pietro a Trebinje; frammenti insignificanti quelli del Monastero della Madonna di Krajina e dell'antica Cattedrale di Cattaro. La decorazione plastica di queste chiese ripete con monotonia i motivi a intreccio, ma, rispetto alla Croazia, abbondano i motivi floreali e zoomorfi, evidentemente per influssi orientali provenienti da Durazzo e dalla Puglia.
La Chiesetta di S. Michele nello Stonsko Polje (Campo di Stagno), seconda metà del XI secolo
La Chiesetta di S. Michele nello Stonsko Polje (Campo di Stagno), relativamente ben conservata, scandita all'interno dall'alternarsi di pilastri e nicchie, conserva affreschi dell' XI secolo di influsso cassinense e francese. Notevole la figura con il modello della chiesa, iniziante la serie di ritratti dei re serbi, frequenti nella pittura murale. Le miniature dell'Evangeliario del principe Miroslav (fine XII sec.) offrono dati preziosi sulle forme di transizione di una civiltà, che andava avvicinandosi sempre più a Bisanzio.
Le miniature dell'Evangeliario del principe Miroslav (fine XII sec.)
La scuola della Rascia fino all'epoca di re Milutin Nella seconda metà del XII secolo la Rascia diviene centro politico dei territori serbi. Stevan Nemanja, fondatore della dinastia dei Nemanjic, intraprende la lotta contro Bisanzio, concludendola a proprio vantaggio (verso il 1180). Dopo l'abdicazione e la morte di Nemanja, i suoi figli, approfittando della caduta di Costantinopoli (1204), gettano le fondamenta del più forte stato serbo del Medioevo (1216-1371). Nel nuovo regno, che ebbe anche una chiesa autocefala, vanno formandosi, già nella prima metà del XIII secolo, sia la letteratura sia l'arte medievale serba.
a) Architettura I primi edifici monumentali si costruiscono al tempo di Nemanja (1170-1196) e vi si notano elementi bizantini e romanici del tardo XII secolo, con qualche traccia di influenza armena. Intorno al 1170 si giunse alla fusione di forme bizantine e romaniche, dalle quali nascono le forme architettoniche della scuola della Rascia (S. Nicola a Kursumlija; Djurdjevi Stupovi presso Ras).
Fra il XII e il XIII secolo sorge la Chiesa della Madonna del Monastero di Studenica, dove la fusione di elementi eterogenei trova quella originale unità che segna la nascita della scuola della Rascia, la quale per oltre un secolo si manterrà fedele alle sue concezioni fondamentali. Le chiese hanno forme semplici: navata a volta con cupola sopra pilastri, secondo modelli armeni del secolo XII, e vasta abside semicircolare. Il bema è solitamente tripartito per l'aggiunta della prothesis e del diaconicon, lo spazio sotto la cupola si estende in dirczione nord-sud, in ambienti notevolmente più bassi, simili a transetti. Le chiese più belle hanno tre portali. Alla facciata settentrionale è aggiunto spesso un grande nartece assai complesso, con due campanili e atrio aperto sovrastato da una cappella. Tradizioni più antiche si manifestano chiaramente in questa architettura.
Nelle regioni limitrofe a Bisanzio le chiese sono di mattoni e molto simili a quelle bizantine del XII secolo. Le chiese di stile più maturo sono di pietra; gli edifici più belli hanno facciate di marmo con finestre e portali riccamente decorati, di forme romaniche.
Nella seconda metà del XII secolo i monumenti principali si susseguono con ritmo serrato: Chiesa di S. Nicola a Kursumlija, Djurdjevi Stupovi presso Ras
Djurdjevi Stupovi presso Ras
Chiesa della Madonna a Studenica; fra il 1207 e il 1220, Žiča; verso il 1235, Mileševa; intorno al 1250, Chiesa dei SS. Apostoli a Pec e Djurdjevi Stupovi presso Berane (Ivangrad) ; nel 1252, Moraca; verso il 1262, Sopocani; verso il 1280, Gradac; nel 1295, Arilje. Fino alla metà del XIII secolo si accentua la tendenza a creare un ambiente unitario, spazioso e ben illuminato. Nella seconda metà del secolo al corpo architettonico centrale si aggiunge, sul lato settentrionale e su quello meridionale, una serie di ambienti minori più bassi. Negli ultimi decenni del XIII secolo la superficie del nucleo centrale del tempio si contrae e si avverte un accentuato verticalismo che, anche più tardi, nel XIV secolo, si manifesterà ogni qualvolta verrà indebolendosi l'influenza bizantina.
b) Scultura Nella Serbia medievale la scultura fu usata soltanto in funzione architettonica. Il complesso più notevole del XII secolo è quello dei portali e delle finestre della Chiesa della Madonna a Studenica.
Chiesa della Madonna a Studenica, La Madonna in trono col Bambino
La Madonna in trono col Bambino e due angeli del portale principale è una sintesi indovinata di elementi bizantini e romanici. La sorprendente maturità delle forme romaniche nei rilievi di Studenica (1190-1196) contrasta con l'ipotesi spesso ripetuta dell'origine dalmata dei maestri che li eseguirono ; esistono ragioni storielle che inducono piuttosto a pensare a modelli francesi. Alcune analogie fra il rilievo del timpano e il paliotto della Cattedrale di Cividale lasciano inoltre aperta la possibilità di eventuali influssi veneziani.
Benché le sculture serbe del XIII secolo siano opera di maestri stranieri, il complesso di Studenica non manca di esercitare un'azione decisiva sullo sviluppo della scultura medievale serba e ad esso come modello d'obbligo si ispirarono gli scalpellini nelle successive chiese di pietra, fino alla metà del XIV secolo, accogliendo soltanto in forma provinciale alcuni elementi gotici. I motivi di Studenica si ripetono a Mileševa (1235), a Banjska (1314), a Dečani (1325-1337) e nella Chiesa dei SS. Arcangeli presso Prizren (e. 1343), nella quale ultima la ricchissima decorazione del mausoleo di zar Dušan, rimasta in miseri frammenti, è un miscuglio caotico di combinazioni romanico-gotico-bizantine.
e) Pittura Diverso fu il destino della pittura monumentale serba. A partire dal 1170, quando sulle pareti delle chiese di Nemanja comparvero i primi affreschi, si affermano i caposaldi della pittura medievale serba per ben cinquecento anni. Nelle prime fondazioni dei Nemanjic gli affreschi più antichi seguono lo stile della tarda pittura bizantina dei Comneni, arte che ha lasciato il suo capolavoro nella Chiesa di S. Pantelejmon a Nerezi presso Skopje. Gli affreschi di Nerezi, risalenti al 1164, sono di maestri greci, come quelli del 1180 circa di Djurdjevi Stupovi presso Ras, capitale di Nemanja (frammenti nel Museo Nazionale di Belgrado), ma più severi di quelli di Nerezi e affini a quelli del Monte Athos, di Vatopedi e Rabduhu. Nei primi affreschi, risalenti agli ultimi anni del XII secolo, della Chiesa della Madonna a Studenica il decorativismo del tardo periodo comneno lascia il posto a una impostazione più ampia, scevra di particolari calligrafici, con fondo giallo (oro) al posto del tradizionale fondo azzurro: nuovo stile, che fiorirà rigoglioso in Serbia nella prima metà del '200, culminando a Sopocani dopo la metà del secolo stesso.
Mileševa (1235)
A Mileševa (1235) le differenze fra pittura a fondo oro e fondo azzurro sono ben definite. Nella prima la luminosa solenne intonazione dal ricco colorito si fonda sulla tarda pittura musiva classica. Nella seconda, che adorna il nartece, spiccano il carattere monastico, la concezione realistica e risaltano particolarmente i ritratti dei primi Nemanjié.
Al 1250 circa risalgono gli affreschi della Chiesa patriarcale dei SS. Apostoli di Pec, notevolmente diversi dal resto della pittura serba del XIII secolo.
Le tendenze della corrente culminante a Mileševa continuano negli affreschi di Morača (1252), vicinissimi ormai allo stile monumentale dei principali maestri di Sopocani. La chiesa e le cappelle di questo monastero conservano il complesso più imponente della pittura serba del XIII secolo. Nella chiesa, gli affreschi del bema sono la più alta espressione di quelle tendenze già affermatesi negli affreschi a fondo oro della Chiesa della Madonna a Studenica. In essi le tradizioni ellenistiche riaffiorano, non solamente nell'iconografia, ma nel modo di dipingere spigliato, rapido e vivace.
Ma nel nartece della chiesa di Sopocani comincia già l'eclissi del grande stile, mentre gli affreschi della protesi, della Cappella di S. Nicola e delle cappelle settentrionali e meridionale del nartece, eseguiti fra il 1262 e il 1314, differenti nello stile e nella qualità, mostrano le incertezze di un periodo di transizione, in cui, già a partire dal 1280 circa, si manifestano le forme iniziali del più tardo stile dei Paleologi.
Gli affreschi di Gradac illustrano il rapido abbandono dello stile di Sopoćani. Nel presbiterio (e. 1270) i maestri manifestano il loro ingenuo eclettismo, ora copiando il disegno calligrafico dei frescanti degli ultimi Comneni, ora seguendo i pittori di Sopocani; nel nartece, nelle scene della vita della Madonna (e. 1290), parecchio danneggiate, appare un nuovo stile, affine agli affreschi di S. Maria Peribleptos a Ochrida. Alla stessa corrente appartengono anche gli affreschi di Arilje, del 1296, recentemente restaurati, di qualità inferiore. La pittura del tardo Duecento torna ad assumere un carattere molto ben definito.
Anche le rare icone serbe del tardo XII secolo e del XIII hanno le stesse qualità
Icona a mosaico della Odigitria di Hilandar, tardo XII secolo.
artistiche degli affreschi. La più antica è quella a mosaico della Odigitria di Hilandar (Monte Athos), ma è opera di maestri stranieri ; di un maestro serbo è la ' Sainte Face de Laon ', del primo Duecento, giunta in Francia già durante il Medioevo. Le icone serbe del XIII secolo di Hilandar seguono nello stile lo sviluppo della contemporanea pittura murale. Importanti per la storia dell'icona serba sono le copie a fresco di alcune icone particolarmente insigni, probabilmente miracolose, dalle quali appare come i loro autori accogliessero influenze esterne molto più varie di quelle che notiamo nella pittura ad affresco. Influssi italiani si notano nella icone a fresco di Prizren del 1270; in quella che raffigura i SS. Pietro e Paolo, del tardo Duecento, vi sono tracce di influssi occidentali. Contemporanea è l'icona di S. Pantelejmon, di Hilandar, che già rientra nell'arte del Rinascimento dei Paleologi.
l'icona di S. Pantelejmon, di Hilandar
d) Arti minori La miniatura serba del XIII secolo ha una sua storia particolare, perché rispetto agli altri campi della pittura mantiene un tono arcaico e ripete modelli antichissimi.
L'Evangeliario del principe Vukan (inizio sec. XIII), scritto a Ras, oggi a Leningrado
L'Evangeliario del principe Vukan (inizio sec. XIII), scritto a Ras, oggi a Leningrado, mette in piena luce le diverse possibilità dei primi scriptoria serbi della Rascia. Nelle sue miniature si incrociano elementi calligrafici della tarda epoca dei Comneni (nella variante provinciale macedone) con elementi di derivazione cassinense dell'XI secolo. L'ornamentazione delle iniziali segna invece un ritorno alle forme primitive e intensamente colorate di stile teratologico del primo Medioevo. Il codice serbo più notevole del XIII secolo, l'Evangeliario di Prizren, andò bruciato nel 1941. Una disuguaglianza caotica domina specialmente nell'ornato dei manoscritti del XIII secolo dei Serbi, legati al complesso della letteratura slava cirillica, cui appartenevano anche Bulgari e Russi. Nell'insieme, assai monotono, dell'ornamentazione dei manoscritti slavi del Duecento, quelli serbi presentano un carattere particolare per l'aderenza a modelli romanici.
Da fonti scritte locali si ha notizia che, nella Serbia medievale, Partigianato artistico era assai sviluppato. Nella biografia di re Dragutin si narra come alla sua corte fosse attiva una bottega di orafi, ma, ad eccezione di alcuni esemplari di metallo, di qualche gioiello e di vasellame, nulla di eccezionale rimane dell'oreficeria serba del XIII secolo.
La scuola serba dall'epoca di re Milutin a quella di zar Uroš L'arte serba, dal tempo di re Milutin fino alla morte dello zar Uroš, si venne sviluppando entro nuovi e più vasti confini geografici, in seguito ad un nuovo periodo di floridezza economica. Negli ultimi anni del XIII secolo muta la situazione politica dei Balcani. La Serbia diventa lo stato più forte, estendendo i suoi confini oltre la Macedonia, fino all'Epiro e alla Tessaglia. Nei rapporti serbo-bizantini dell'epoca, se da un lato si fanno continuamente più acuti i conflitti politici, dall'altro l'influenza della cultura greca diventa predominante, e specie la rinnovata arte dei Paleologi trova facili legami in Macedonia con le tradizioni dell'arte antica.
a) Architettura e scultura Negli anni di transizione fra XIII e XIV secolo comincia un nuovo capitolo nella storia dell'architettura della scuola serba, favorita dai regnanti e basata, come regola, su modelli bizantini. Nel primo ventennio del Trecento re Milutin inizia questa nuova architettura, che dura, senza soluzione di continuità, fino alla metà del XV secolo, e che vediamo affermarsi per la prima volta nella Patriarcale di Prizren (Nostra Signora di Ljeviska). L'edificio a cinque cupole, costruito dall'architetto Nicola sull'esempio delle chiese bizantine del primo Trecento e sulle fondamenta della più antica basilica bizantina a tre navate, servi di modello alle chiese più tarde: S. Giorgio a Staro Nagoričino (1313), Gračanica (1321), Mateič (1356). Tutti questi monumenti appartengono al tipo a " croce iscritta " con il braccio orientale notevolmente più lungo, per cui la cupola centrale si trova spostata verso occidente e le quattro cupole minori poggiano sugli angoli terminali. L'asimmetria di questa pianta è corretta dall'aggiunta di un vasto nartece. Le facciate (notevole quella di Prizren) hanno un paramento murario accuratissimo a corsi di pietra e mattoni. Archi, timpani, finestre, cimase dentellate e parte absidale sono di mattoni. Le chiese più semplici - S. Nikita, presso Skopje (1307), S. Nicola a Ljuboten (1337), dell'Arcangelo Michele a Lesnovo (1341) - hanno la medesima pianta, ma una sola cupola e facciate assai più modeste.
Chiesa della Madonna a Studenica, seconda metà del XII secolo
Un posto particolare occupano le chiese sepolcrali dei regnanti, opera di maestri del litorale adriatico, i quali si sforzano di non allontanarsi dal modello obbligato della Chiesa della Madonna di Studenica. Non rimane oggi che la Chiesa del Salvatore del Monastero di Dečani (1327-1335), costruita per Stevan Uros III, il più importante edificio medievale conservato nell'interno dei Balcani. A cinque navate, con cupola e nartece, è un audace miscuglio di forme bizantine., romaniche e gotiche.
Le facciate sono di marmo e l'alterna disposizione di corsi gialli chiari e grigi violacei da luogo a una vivace policromia, simile a quella delle facciate dicrome delle cattedrali italiane del Due e Trecento.
L'architettura serba della prima metà del Trecento si può dividere in tre zone. La prima, quella dove gli architetti, prendendo le mosse dai modelli bizantini, elaborano nel giro di una ventina di anni forme originali, che si distinguono per un vivace e graduale ritmo di tetti e di cupole. L'aspetto nuovo di questa architettura, si manifesta particolarmente nelle facciate della Chiesa della Madonna del Monastero di Gračanica. Al secondo gruppo appartengono le grandi costruzioni marmoree che si collegano sia all'architettura tradizionale della Rascia, sia all'architettura monumentale in pietra del litorale cattolico serbo, fiorita alla fine del secolo XIII, nelle regioni fra Ragusa e Scutari. Il terzo gruppo, assai modesto, è formato dalle semplici chiese tradizionali della Rascia, a una navata e a una cupola, come, ad esempio, la ' Bela Crkva ' (Chiesa Bianca) del villaggio di Karan, del 1335 circa.
In questo periodo di vivace attività edilizia, le tradizioni locali sono le più importanti nella determinazione dello stile delle chiese, come appare con particolare evidenza nella grande Chiesa della Madonna fatta costruire da Milutin a Hilandar, sul Monte Athos, al principio del XIV secolo. La pianta a triconco di questo edificio è quella caratteristica delle chiese del Monte Athos, che verrà introdotta nell'architettura serba soltanto nell'ultimo quarto dello stesso secolo.
La più ricca testimonianza della scultura serba di questo periodo è quella, purtroppo frammentaria, della Chiesa dei SS. Arcangeli presso Prizren, dove si sa che le lapidi sepolcrali dei membri della dinastia portavano il rilievo della figura giacente del defunto.
b) Pittura e arti minori La pittura monumentale è ricca di molteplici tendenze. Nei primi due decenni del Trecento dominano i maestri di re Milutin: Astrapa, autore degli affreschi di Nostra Signora di Ljeviska a Prizren (1307-1309) e di una notevole parte degli affreschi di Žiča (1313-1316); Michele ed Eutychios, due maestri che lavorano insieme nelle chiese di S. Nikita presso Skopje (e. 1307)
Chiesa di S. Nikita presso Skopje
e di S. Giorgio a Staro Nagoriičino (1317). Anonimi maestri di Milutin lavorano a Studenica (1314), a Gračanica (1321) e nella Chiesa di S. Pietro a Bijelo Polje. Cicli di affreschi, spesso in più di dieci registri, si susseguono nell'interno delle nuove chiese, e la tematica si va rapidamente ampliando (nel sec. XIII) soltanto nel nartece, ma al principio del XIV anche nel bema) divenendo una delle fonti più preziose dell'iconografia medievale cristiana. La qualità è peraltro assai disuguale: accanto ai capolavori di maestri eminenti, compaiono, nella stessa chiesa, opere di aiuti e di scolari e, pur appartenendo tutti alla pittura dei Paleologi, l'atteggiamento dei maestri della scuola di Milutin verso Costantinopoli non è sempre il medesimo. Il vivace Astrapa, colorista eccezionale, negli affreschi eseguiti a Prizren continua ad insistere sulla monumentalità e sull'accentuato realismo delle fisionomie, distaccandosi considerevolmente dal raffinato stile costantinopolitano.
Più vicini a Costantinopoli sono Michele e Eutychios, quantunque nella loro opera si risenta un'eco di provincialismo. Gli affreschi delle chiese milutiane nel territorio della vecchia Rascia sono, per stile e qualità, i più prossimi all'arte dei Paleologi, specie quelli di Studenica, Gračanica, e della Chiesa di S. Pietro a Bijelo Polje.
Dopo la morte di re Milutin (1321) la pittura monumentale attraversa una fase di mutevoli tendenze artistiche, spesso di breve durata, alternantisi fino al 1375 circa. Re Stevan Dečanski, figlio e successore di Milutin, chiama in Serbia pittori greci dal litorale adriatico.
Decani : l ciclo dei miracoli di S. Demetrio
"Pictores graeci" dipingono a Dečani, dove è conservato il più grande complesso della pittura serba antica, distribuito in oltre venti cicli eseguiti in un decennio (1340-1350); l'espressione e le qualità pittoriche variano, avvicinandosi spesso all'arte dell'Occidente, nella scelta dei temi, nei particolari iconografici e nell'ornato, ma nell'insieme si mantengono entro i limiti dell'arte bizantina, ortodossa. Gli affreschi della Chiesa del Monastero di Mateič (1350), di un fare affrettato e di esecuzione tecnicamente scadente, sono assai affini a Dečani. Le tendenze dell'arte monastica si manifestano sporadicamente negli affreschi trecenteschi entro la residenza degli arcivescovi, e più tardi patriarchi, di Peć. Maestri macedoni minori mantengono, fino verso il 1370, le caratteristiche della pittura del primo Trecento, riferendosi soprattutto, nel loro arcaismo, alla fase iniziale del raffinato stile dei Paleologi e introducendo, piuttosto timidamente, una certa freschezza nella descrizione realistica delle fisionomie. Eccelle così come straordinario pittore di ritratti l'anonimo frescante della Chiesa di S. Nicola a Psača, del 1370 circa. Carattere spiccatamente provinciale hanno gli affreschi del Monastero di Lesnovo (Chiesa dell'Arcangelo Michele, e. 1341-1346), eseguiti da almeno tre maestri, i quali fondono con risultati notevolmente felici elementi della vecchia pittura macedone con lo stile dei Paleologi.
GIOVINETTE DEL SEGUITO DELLA VERGINE. Particolare della Presentazione della Vergine al Tempio. Chilandari, Museo, cm 109 X 87. XIV secolo.
Le icone appaiono in numero sorprendente soltanto nell'ultima fase di questo periodo. Una icona, gravemente danneggiata, con la Purificazione della Madonna, a Hilandar, dove le fanciulle che accompagnano la Vergine sono assai vicine alle giovani figure femminili della Cattedrale di Prizren, va annoverata tra i capolavori dell'inizio del XIV secolo. Le icone dell'iconostasi di Dečani permettono di valutare nel modo migliore lo stile dei maestri greci. Notevoli le differenze tra i pittori greci di Cattare e i maestri educati alla scuola di Bisanzio. Le icone di Dečani (e. 1340), dai colori intensi, con figure dai tratti grossolani e dalle fisionomie vivaci, dipinte dai pittori di Cattaro, recano infatti in sé una nota di realismo, in netto contrasto con lo stile della famosa icona taumaturgica della Madonna Triheirousa, a Hilandar, dipinta su ambedue i lati, le cui forme levigate, dal colore grigio-olivastro e dall'atteggiamento immobile, sono tipiche della pittura costantinopolitana. Le elevate qualità delle icone-reliquiario sono rappresentate da quella perfettamente conservata del despota Toma Preljubović, nella Cattedrale di Cuenca, in Spagna. Delle icone serbe, donate nel Medioevo a chiese straniere, rimane (del sec. XIV) la grande icona di S. Nicola, offerta da re Stevan Dečanski alla Chiesa di S. Nicola di Bari.
Soltanto nel XIV secolo la miniatura serba, con cento anni di ritardo rispetto al resto della pittura, si avvicina definitivamente alle forme bizantine. Al primo Trecento appartengono i ritratti di evangelisti con le muse (personificazioni della saggezza) che si ispirano all'Evangeliario n. 69 dell'Accademia Serba delle Scienze di Belgrado e che riflettono le tendenze della scuola di re Milutin. Raffinate decorazioni bizantine adornano il Vangelo del vojvoda Nicola Stanjević, a Hilandar. L'Evangeliario serbo del 1355 (Londra, Br. Mus., n. 154), riccamente decorato, contiene un ritratto dedicatorio di un vescovo, di carattere realistico, affine ai ritratti episcopali di Lesnovo. I ritratti degli evangelisti dell'Evangeliario n. 9 di Hilandar (1360), di particolare raffinatezza nel colore, sono rari esemplari.
Tra gli oggetti di metallo nobile si è conservato un buon numero di sigilli di argento dorato e di gioielli d'argento; in perfetto stato di conservazione ci sono giunti ricami religiosi in oro e mobilio di legno.
La scuola morava Dopo le tragiche disfatte subite da parte dei Turchi nel XIV secolo, i Serbi si ritirarono verso settentrione. Prima tappa di questa ritirata, che si protrasse fino al XVII secolo, fu la vallata della Morava dove, nonostante i conflitti fra Cristiani e Turchi durati circa novant'anni, sorge un'arte di alto livello e di eccezionale vitalità che, anche se la sua durata sarà soltanto di un secolo, sarà caratterizzata in tutti i campi da una unità di stile.
a) Architettura L'architettura serba riprende nella vallata della Morava le forme originali del XIV secolo, evolvendosi, a partire dal 1370, in una scuola detta appunto " morava ". Singoli elementi vengono desunti dall'architettura degli inizi del XIV secolo; la tecnica della costruzione è la stessa dell'epoca di Milutin; la pianta a triconco deriva dal Monte Athos; il tipo di chiesa a cinque cupole rimane dominante, ma muta considerevolmente la concezione generale dell'edificio che, come nella scuola della Rascia, viene decorato da sculture di pietra. Le facciate riccamente divise in membrature, conseguono, nei bruschi contrasti fra superfici aggettanti e rientranti, un effetto pittorico. La decorazione plastica, a intaglio poco profondo, viene usata nei portali, nelle finestre, nei rosoni e nelle arcate. Motivi ad intrecci floreali, animali fantastici vivacemente colorati si ispirano ai modelli dell'arte armena, ai motivi della pittura miniata e alla scultura ornamentale degli edifici civili del XIII secolo.
La Chiesa del Monastero di Ravanica, a cinque cupole, il più antico monumento conservato della scuola morava, è del 1375 circa. Della fine del XIV secolo sono anche il nartece, nuovo, della Chiesa della Madonna a Hilandar, la Chiesa di S. Stefano a Kruševac (detta Lazarica) e la Chiesa del Monastero di Ljubostinja: edifici costruiti dallo stesso gruppo di maestri, fra i quali è noto unicamente il nome di Rade Borović. Del principio del XV secolo è la Chiesa del Monastero di Kalenić, con decorazione scultorea ben conservata. La Chiesa con fortificazioni del Monastero di Manasija (Resava; 1407-1418) è l'ultimo grande edificio sacro della scuola morava e dell'architettura medievale serba.
Chiesa del Monastero di Kalenić
Negli ultimi anni di indipendenza politica, l'attività edilizia nel despotato serbo assunse un carattere assolutamente nuovo. Nel tempo immediatamente precedente alla catastrofe finale, si costruirono molte fortificazioni, specie intorno alle grandi città: Novo Brdo, nel Kosovo, e Smederevo, oggi in rovina, sul Danubio, sono le più famose. La fortezza di Smederevo, capitale di Djurdje Branković, ultimo grande sovrano della storia medievale serba, è da annoverarsi fra i massimi monumenti di architettura militare di tipo bizantino.
b) Pittura Nell'atmosfera febbrile di feconda attività, che si faceva sempre più intensa sotto la pressione del pericolo turco, si sviluppò anche la pittura della scuola morava. Konstantin, primo insigne artista di questa scuola, eseguì, intorno al 1375, gli affreschi di Ravanica, riducendo considerevolmente, come faranno anche gli altri maestri, il numero dei cicli, che comprendono ora: la figura di Cristo, scene della Passione e dei miracoli, teorie di santi, fra i quali assumono rilievo sempre maggiore i santi guerrieri. Lo stile prende di nuovo le mosse dalla raffinata pittura costantinopolitana del primo XIV secolo. Gli affreschi del nartece di Kalenić sono le copie più belle dei mosaici della Kahriye Cami di Costantinopoli. È un'arte melanconica, che dimostra una certa vivacità solo nel colore, e che passerà più tardi, tramite gli emigranti, in Russia. Gli affreschi di Ravanica e di Kalenić, che seguono questo stile, si adattano allo spazio di edifici di media grandezza e si mantengono nei limiti di una pittura raccolta. A Manasija, chiesa di dimensioni considerevoli, raggiungono invece una solenne monumentalità.
La Guarigione del lebbroso, Kalenic. particolare, 1407-1413
L'opera del metropolita-pittore Jovan e dei suoi collaboratori occupa una posizione particolare. Originario dai dintorni di Prilep, nel 1389 questo maestro è attivo nei pressi di Skopje, a S. Andrea, sul fiume Treska; più tardi, alla fine del XIV secolo, suo fratello Macario dipinge a Ljubostinja. Questi artisti prendono le mosse dalla pittura del XIII secolo e si ricollegano alle tendenze monastiche della pittura costantinopolitana dell'ultimo Trecento, che, a sua volta, si ispira a quella del Duecento.
La pittura di icone a partire dal tardo XIV secolo raggiunge sempre maggiore importanza in seguito allo sviluppo dell'iconostasi, che, alla fine del XIV secolo, si adorna di una seconda fila di icone, il cosiddetto ' ordo ', raffigurante la Deisis tra arcangeli e apostoli. La serie più antica, risalente al 1380 circa, si conserva a Hilandar.
Fra le icone di scuola monastica emergono particolarmente un Cristo del metropolita Jovan, del 1392, e due icone con la Madonna (e. 1420) di Macario.
e) Arti minori La miniatura medievale serba raggiunge il culmine con la scuola morava. Il Salterio serbo di Monaco (1370-1390)
Il Salterio serbo di Monaco (1370-1390)
è il più ampio monumento del XIV secolo: contiene illustrazioni del Vecchio Testamento compresi i salmi, del Nuovo Testamento, dell'inno alla Madonna, del cosiddetto Akatistos e di alcuni altri canti religiosi. Le teorie sull'origine orientale di queste miniature sono risultate errate; i miniatori del codice, sebbene operino ormai al tempo della scuola morava, si attengono a modelli più antichi della metà del Trecento e solo in alcuni particolari, specie nelle snelle proporzioni delle figure, si avvertono le influenze del nuovo stile. Lo stile della scuola morava si riscontra negli evangelisti dell'Evangeliario serbo di Leningrado del 1428, eseguiti da Radoslav, che imita da vicino i pittori degli affreschi.
Evangeliario serbo di Leningrado del 1428, eseguiti da Radoslav
Altri codici dell'epoca si limitano all'ornato, specie delle iniziali (cod. slav. n. 32, Vienna, Osterreichische Nationalbibl., 1372). Nel tardo XIV secolo compaiono i romanzi illustrati di ambiente cavalieresco, in maggioranza di origine occidentale, ma le miniature non mostrano alcun legame con l'Occidente.
L'artigianato artistico della scuola morava ci è noto dai reliquiari, croci e tazze lavorati, quasi esclusivamente d'argento, inviati dalla nobiltà serba ai monasteri del Monte Athos. I centri principali dell'oreficeria sorgevano specie nelle località minerarie, tra le quali emerge Novo Brdo. Notevoli i ricami, famoso quello del Monastero di Hilandar, in oro, con figure del Cristo, di angeli e padri della chiesa, eseguito nel 1399 dalla monaca principessa Eufemia (Jefimija).
Le ultime opere dell'arte medievale serba, create in territorio libero, appartengono all'artigianato. Nel Montenegro, nel 1494, immediatamente prima della sua caduta, furono stampati i primi libri serbi con eccellenti illustrazioni, che presentano una sintesi di elementi rinascimentali e bizantini. I monaci serbi, appreso il mestiere nelle stamperie veneziane del XV secolo, ne divennero completamente padroni.
L'arte serba nell'ambito di quella postbizantina dal 1459 al 1690. Dopo la caduta di Smederevo ed il crollo dell'indipendenza politica del Montenegro, le possibilità di una ulteriore vita culturale si ridussero al minimo, ma i nobili rimasti sul territorio etnico serbo fecero del loro meglio per mantenere in vita l'arte. Sotto la dominazione turca il territorio dell'arte serba andò costantemente allargandosi, specialmente dopo la restaurazione del patriarcato di Pec, nel 1557, che si estendeva dall'Ungheria turca, a nord, fino all'arcivescovado di Ochrida a sud, e comprendeva a oriente parte della Bulgaria e a occidente si spingeva oltre la Bosnia, l'Erzegovina e la Dalmazia, giungendo in Croazia fino a Požega, Križevci e Lepavina. In questo territorio le manifestazioni artistiche ebbero i loro centri e le loro varianti locali differenziandosi socialmente.
a) Architettura dal XV al XVI secolo L'architettura di questo periodo si può dividere in tre gruppi: quella della chiesa serba che ambisce di continuare l'arte monumentale dei regnanti serbi; quella delle piccole comunità monastiche che rimane fedele al proprio stile, sviluppando peraltro qualità notevolmente superiori a quelle della contemporanea arte cristiana rurale, che stava gradualmente tornando al folklore.
Le grandi chiese serbe del XVI e anche del XVII secolo, tra le quali eccellono Papraća (inizi sec. XVII), Jazak (1528) e Hopovo (1576) continuano la tradizione della scuola morava, che imitava soprattutto i modelli del Monte Athos. Sono edifici triabsidati, con tre altari e una specie di transetto e la cupola audacemente elevata. Un gruppo a sé stante di maestri ritorna alle tradizioni del Duecento serbo. Le chiese dei piccoli monasteri (SS. Trinità, nella gola di Ovčar-Kablar, a Dobrićevo e a Dobrilovina, in Erzegovina, e a Tronoša, nel Podrinje) si attengono strettamente all'antica scuola della Rascia. Le chiesette rurali, molte delle quali di maestri di Ragusa, raggruppate intorno a importanti centri monastici o urbani (Dečani, Studenica, Peć, Prizren e Niš), sono di dimensioni più che modeste, di pietra, a una navata, con volta ad arco e abside semicircolare.
b) Pittura dal XV al XVI secolo La pittura murale si può dividere pure in tre gruppi. Quella aulica, di più alto livello, coltivata dai maestri del monte Athos e dai loro scolari, che nella variante serba è ben nota dagli affreschi di Molivo-Klisija, del 1536. Di stile simile sono anche i primi affreschi di Krušedol, eseguiti intorno al 1545. L'aspirazione a rinnovare la pittura monumentale si manifesta specialmente dopo la restaurazione del patriarcato, nel 1557. Già nel 1561, il patriarca Macario restaura parte considerevole dei dipinti delle chiese di Peć; nel 1571, si arricchiscono di nuovi affreschi i narteci di Gračanica e di S. Nicola Dabarski. A S. Nicola lo stile dimostra già che presso il patriarcato si era formata una speciale scuola di pittura, la quale negli ultimi decenni del Cinquecento darà all'arte serba il noto pittore di icone Longino. Alla fine del secolo XVI la pittura murale serba, distaccata da quella del Monte Athos, coltiva i suoi temi e il suo stile, manifestatesi in modo particolarmente chiaro negli affreschi della Chiesa del Monastero di Orahovica, in Slavonia (1594).
e) Architettura dal XVI al XVII secolo Gli edifici più belli dell'arte serba sotto i Turchi sorgono fra il 1590 e 1660. Il culmine è raggiunto ai tempi del patriarca Pajsije (1614-1647). Alla fine del XVI e agli inizi del XVII secolo vennero costruiti i monasteri più recenti della Fruska Gora: Kuveždin (e. 1569), Pribina Glava (e. 1607), Grgeteg (e. 1619), Beočin (e. 1622). Nella stessa epoca sorgono i monasteri della gola di Ovcar-Kablar: dell'Annunciazione (1602) e della Visitazione (inizi sec. XVII). Massimo monumento della fine del Cinquecento è la Chiesa del Monastero di Piva, già recinta da mura massicce, con gli edifici residenziali del metropolita Savatije e le celle dei monaci.
d) Pittura dal XVI al XVII secolo Nelle nuove costruzioni di maggiore importanza compaiono ampi cicli di affreschi. Dal 1604 al 1606 si dipinge a Piva, nel 1608 a Hopovo (chiesa), nel 1621 vengono portati a termine i più begli affreschi serbi del periodo turco nel grande refettorio di Hilandar. Sebbene questi affreschi non rappresentino, dal punto di vista della pittura, un insieme omogeneo (a Piva affrescano modesti maestri locali, a Hopovo maestri greci del Monte Athos e a Hilandar il serbo Djordje Mitrofanović),
ANNUNCIAZIONE.Chilandari, Chiesa di San Trifone. Porta centrale dell'iconostasi, cm 117 X 56. Opera del maestro Georgio Mitrofanović, 1621.
tuttavia essi sono uniti dalla stessa tendenza che si ispira alla letteratura locale e si adattano molto abilmente agli spazi e alle superfici dell'architettura. Le buone qualità della pittura parietale della metà del Seicento si mantengono negli affreschi del nartece di Hopovo del 1654. Quelli, eseguiti dieci anni più tardi, della Chiesa di S. Nicola a Hilandar recano già l'impronta di una grave decadenza.
Nei secoli XVI e XVII la pittura di icone diventa presso i Serbi la forma principale di pittura. Dalla fine del XVI secolo in poi la decorazione delle chiese serbe è costituita soprattutto dall'alta iconostasi lignea, a due piani, con la grande croce al centro dell'architrave. Icone a intaglio dorato con la croce monumentale dipinta al vertice compaiono nei monasteri serbi, iniziando da Mileševa (ultimi decenni del Cinquecento); nel 1594 fu finita l'antica iconostasi di Dečani, e fra il 1596 e il 1607 quella di Morača. Sono tutte icone più antiche di quelle del Monte Athos e richiamano assai da vicino le analoghe croci dipinte della Dalmazia. Longino e Djordje Mitrofanović, che possono essere considerati i due migliori pittori serbi di icone negli anni a cavallo fra XVI e XVII secolo, eccellono anche come pittori di iconostasi.
e) Arti minori Gli stessi maestri che si dedicano alle icone e agli affreschi sono anche miniatori. Dalle opere firmate dal pittore di icone Andrija Raičević, attivo alla metà del XVII secolo, risulta che i maestri migliori della sua generazione dipingevano con la stessa abilità affreschi, icone e miniature. Fra i manoscritti serbi dal XV al XVII secolo alcuni esemplari con miniature notevoli sono gli evangeliari di prete Jovan da Kratovo (cinque esemplari prodotti fra il 1558 e 1583); carattere decisamente orientale hanno gli ornati che si distinguono per i colori dallo splendore di smalto. Una copia del Salterio di Monaco (e. 1528), nonostante gli sforzi degli artisti per attenersi all'iconografia dell'originale, rappresenta stilisticamente un'opera assolutamente tipica del primo Seicento. La copia serba del Cosma Indicopleuste, con miniature di Andrija Raičević, del 1649, fu eseguita sotto la forte influenza di una copia russa dei primi decenni del XVI secolo. Gli ultimi manoscritti serbi di maggiore pregio escono dagli scriptoria di Hilandar intorno al 1660: il più bello è quello degli Atti degli Apostoli (n. 107 della Collezione manoscritti di Hilandar).
Negli stessi centri in cui si coltivava la miniatura, anche la lavorazione del legno e dei metalli non era trascurata. La prima fioriva specie nei monasteri, la seconda prevalentemente nelle botteghe laiche. Nelle officine del litorale e dei monasteri l'intaglio andava cadendo sempre più sotto l'influenza dell'Occidente. Forme barocche compaiono per prime negli intagli di legno dorato; in quelli di legno non dorato, specie leggii, sedie, porte e baldacchini decorativi, predomina, anche durante il XVI e XVII secolo, lo stile tradizionale, miscuglio di elementi bizantini e musulmani. Mobilio del genere, di eleganti proporzioni, con ricche superfici decorate con intarsio di legno multicolore, osso e madreperla, si fabbricava a Hilandar, alla SS. Trinità presso Plevlje, a Morača, a Piva e in alcuni monasteri minori dell'Erzegovina. Il metallo più lavorato in questo periodo è l'argento; si producono incensieri, candelieri, copertine di libri e reliquiari. Fra gli orefici del Seicento si distingue per la sua abilità Konde Vuk. L'arte del ricamo con fili d'oro e d'argento passò dai laboratori di corte degli ultimi despoti anche nell'ambiente monastico. Quasi tutti gli artigianali si mantennero ad un alto livello fino al termine del XVI secolo. Più tardi i doni russi e valacchi provenienti dalle botteghe degli zar e dei boiardi, di materiale più ricco e lavorati con una tecnica più perfetta, soffocarono l'arte degli orefici e degli intagliatori locali.
Alla fine del XVII secolo, nell'ambiente serbo soggetto ai Turchi tutte le tecniche e le arti erano tornate alle forme primitive dell'artigianato rurale. La parte di popolazione serba ritiratasi verso settentrione riuscì ad adattarsi rapidamente alla civiltà superiore e a creare già nella prima metà del XVIII secolo, nel suo nuovo ambiente borghese, nel territorio dell'Ungheria, le basi della sua arte laica dell'era moderna.
Svetozar Radojčić
Enciclopedia universale dell'arte. Venezia - Roma : Istituto per la collaborazione culturale, 1971. Vol. XII, pp. 602-611.